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La Puglia e i suoi dialetti: da dove vengono e quali sono i più usati?

Puglia dialetti

Sole, mare, buon cibo e buon bere, ma quando si pensa alla Puglia viene in mente anche un’altra caratteristica che la contraddistingue, ossia l’ampia varietà di dialetti parlati nella regione.

Tutto lo stivale celebra il 17 Gennaio la Giornata Nazionale del Dialetto e delle Lingue Locali: si sa, i dialetti sono tesori che racchiudono storia e cultura, e la Puglia sembra conservare gelosamente il suo patrimonio dialettale, forte della presenza di numerosi dialetti parlati, ancora oggi vivi più che mai.

Nella regione che fa da tacco all’Italia, infatti, il dialetto è ancora la lingua utilizzata nei rapporti più intimi, tra familiari, amici e non solo. A seconda delle circostanze, infatti, il dialetto è più utilizzato rispetto all’italiano anche tra persone che non si conoscono.

Nonostante la presenza di un’importante varietà dialettale, al di fuori della regione si crede che in Puglia si parli il “dialetto pugliese”, a testimonianza di quanto poco si conosca la storia delle lingue qui parlate. Non capita di rado, infatti, di imbattersi in un film ambientato in Salento, dove i personaggi parlano però un dialetto tipicamente barese.

Ma quali sono le origini dei tanti dialetti pugliesi?

Le origini dei dialettali in Puglia 

La presenza dei tanti dialetti parlati in Puglia è da ricercarsi nelle vicende storiche che hanno avuto come teatro questa terra.

Già durante l’epoca romana, infatti, la Puglia era divisa da una linea immaginaria. Questa separava il Salento – l’area più meridionale del tacco – dal resto del territorio.

Poi, nel corso del tempo, la regione ha subito numerose ulteriori ripartizioni che hanno portato alla nascita di tre principali ceppi dialettali:

  • dialetto dauno-foggiano, nella provincia di Foggia;
  • dialetto apulo-barese, nella provincia di Bari e della Bat;
  • dialetto salentino, nella zona di Brindisi, Lecce e in parte Taranto.

Il dialetto dauno-foggiano

L’area più a nord della regione, il Gargano, utilizza una varietà di dialetti di origine latina. Questi, a loro volta, possono essere suddivisi tra i dialetti foggiani e quelli garganici. Nonostante questa bipartizione, in tali zone c’è una maggiore omogeneità dei dialetti dal punto di vista fonetico.

In provincia di Foggia, il dialetto di alcuni paesi dei Monti Dauni è molto vicino a quello campano o molisano perché fino al XVI secolo quest’area comprendeva anche terreni appartenenti all’Irpinia e al Sannio.

Nonostante ciò, in questa zona ci sono i comuni di Celle San Vito e Faeto, dove si parla il “franco provenzale” grazie alle conquiste di questi popoli e in provincia di Taranto c’è San Marzano di San Giuseppe, dove la lingua più diffusa è l’albanese a causa delle migrazioni di questo popolo che a partire dal 1468 e per un secolo vissero questa zona.

Il dialetto apulo-barese

Nella Terra di Bari (inclusa la provincia Bat Barletta-Andria-Trani) vive il dialetto apulo–barese. Si parla nel territorio delimitato a nord dall’Ofanto ed è il dialetto pugliese maggiormente conosciuto fuori regione. Il merito di ciò è da ricercare anche in tanti personaggi televisivi e cinematografici divenuti famosi proprio grazie all’utilizzo di questo dialetto, da molti considerato simpatico e gradevole all’ascolto.

Nonostante ciò, sono in pochi a comprendere una persona della provincia di Bari che parla in dialetto.

Tra le forme dialettali più conosciute della provincia di Bari e dei dialetti dell’hinterland, c’è il costrutto stare + a + verbo utilizzato all’indicativo presente, come sto facendo che diventa “stogghe a ffà“.

I dialetti oggi parlati nella terra di Bari provengono dalla fusione delle lingue di diversi popolazioni cha hanno donato un lascito linguistico nei secoli.

A titolo di esempio possiamo citare la famosa parola barese dialettale “abbàsce“, che in italiano significa “giù / in basso / abbasso”. Questa  ha numerose similitudini con lemmi stranieri: latino: ad + bassum; spagnolo: abajo; portoghese: abaixo; francese: en bas; catalano: a baix .

Questa similitudine, però, non prova uno stresso rapporto di derivazione, poiché in molti casi i termini dialettali apulo-baresi hanno relazioni provate con i dialetti vicini o con il latino medievale.

Numerose espressioni di questo dialetto riescono poi ad esprimere la bontà e la generosità della gente del posto, come la famosa espressione “fai del bene e scordalo, fai del male e pensaci” che nel dialetto di Altamura diventa “fé bben e scurdatil, fé mel e pinz“.

I dialetti salentini

Scendendo invece nel tacco della Puglia, troviamo il Salento, area che si estende a sud di Brindisi. Qua il dialetto odierno trova origini già nel XI secolo. È il risultato delle lingue parlate dai tanti popoli che nei secoli hanno attraversato queste terre o che qui si sono stanziati anche se per brevi periodi. Si tratta di greci, romani, longobardi, messapi, arabi e spagnoli.

Quest’area vede l’esistenza di tre gruppi dialettali: il salentino settentrionale a varietà brindisina, il salentino centrale a varietà leccese e il salentino meridionale con varietà otrantina.

Dal punto di vista dei dialetti, il Salento è anche famoso per l’esistenza delle cosiddette isole linguistiche, ossia territori a sé che hanno sviluppato un particolare dialetto derivante proprio da altre popolazioni come, ad esempio, la Grecìa salentina che comprende 9 comuni della provincia di Lecce dove ancora oggi vive il griko, un dialetto nato dalla fusione dell’antico dialetto salentino con la lingua greca.

Le principali differenze tra i dialetti in Puglia

La Puglia è riuscita a mantenere vive le tradizioni locali e i suoi dialetti. Nei secoli si sono mischiati tra di loro rendendo difficile la comprensione anche tra comuni vicini.

Dividendo la regione in due macro aree, si può dire che la differenza principale sta nella fonetica.

Mentre al sud si conservano gran parte dei fonemi di origine latina, al nord ci sono caratteristiche particolari, come la s pronunciata come z e le vocali finali pronunciate chiuse e talvolta troncate.

Nello specifico, il dialetto barese tende a semplificare la pronuncia delle parole e una caratteristica di tale semplificazione è l’utilizzo di un suono introduttivo che è quasi sempre la i. Questa si utilizza in molte parole che iniziano per vocale, come ad esempio erba che diventa iérve, ma non si usa con parole precedute da un articolo (l’erba diventa l’érve) e con parole che cominciano per i.

Il Salento, invece, conserva la pronuncia chiara delle vocali finali ma, così come avviene anche nelle zone garganiche e baresi, il gruppo di consonanti “ll” viene sostituito con “dd” e “nd” con “nn”, come ad esempio la parola “quando” pronunciata “quann” o “quannu” a seconda delle zone.

All’estremità meridionale pugliese il che viene tradotto con “ca” e “cu” e l’influenza greca si desume dall’inserimento del verbo al termine della frase.

Dialetti in Puglia e scrittura

Anche dal punto di vista della scrittura, i dialetti pugliesi hanno ricche testimonianze che sono riuscite a tramandare questo patrimonio nel tempo.

Il dialetto del Gargano è stato portato oltre regione nei primi del novecento, da Giustiniano Antonio Serilli e i suoi Bozzetti Dialettali. Così come è avvenuto più recentemente grazie al libro “Patrenústre ótte a ddenére. Pregare con Jacopone” del poeta Francesco Granatiero che comprende otto laude in dialetto garganico.

Anche l’idioma dialettale salentino ha avuto un ruolo nella letteratura, grazie al suo promotore leccese, Giuseppe De Dominicis. Scrittore e cantore dei suoi luoghi nativi che ha scritto versi celebri come “De nanti, mare e mare! Fenca rria la ista ete nnu specchiu nnargentatu, pràcetu, sotu… A ffundu, comu sia ca lu celu allu mare stae mmescatu” che significano: “Di fronte, mare e mare! Fin dove arriva la vista è uno specchio d’argento, placido, fermo… come se in fondo il cielo stesse mescolato col mare”. 

E se si pensa che la scrittura nei dialetti pugliesi sia storia lontana, Altamura ci fa ricredere subito. Tra le tante opere dialettali, è di recente pubblicazione il libro “Orlande a la destrutte di Jaltamure” (Orlando il Furioso alla distruzione di Altamura) di Michele Pennacchia. Una vera e propria opera letteraria della lingua madre di Altamura, il suo dialetto.

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