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Potremmo dire che l’amaro è una bevanda alcolica dal sapore penetrante che si apprezza come aperitivo o come digestivo.

Oppure potremmo dire che l’amaro è un must dell’Italia da bere, una tradizione enogastronomica a cui tutto lo stivale è affezionato, da nord a sud.

Quando si cena al ristorante, infatti, è quasi di routine che a fine pasto il cameriere ponga la fatidica domanda che precede il conto: un amaro, signori?

Ma perché l’amaro è così apprezzato nonostante il suo gusto deciso?

Come possiamo berlo per gustarlo al meglio?

E come viene realizzato?

In questo articolo risponderemo a queste domande e approfondiremo questo mondo, scoprendone storia e tradizioni.

Che cos’è l’amaro e perché è tanto apprezzato?

L’amaro viene chiamato in inglese “bitter” ed è una bevanda dal sapore forte e deciso, con una gradazione alcolica che non va al di sotto dei 15° gradi.

Il suo consumo è tendenzialmente cadenzato dai momenti di apertura e chiusura dei pasti, rispettivamente come aperitivo oppure come digestivo.

Erbe, radici, bacche e spezie – o un mix di queste – aromatizzano l’alcool etilico conferendo odori e sapori diversi ma lasciando sempre un sapore deciso in bocca. L’aroma varia molto a seconda degli ingredienti vegetali utilizzati, della quantità di zucchero disciolta e della procedura impiegata tra distillazione, macerazione, infusione o percolazione.

Ma perché, nonostante questo sapore così penetrante, non si riesce a fare a meno di berlo?

Come mai piace al punto tale che questa pratica è diventata a tutti gli effetti un vero e proprio rito conviviale?

Ancora una volta, la risposta la troviamo nella sua principale caratteristica: il gusto amaro!

Le nostre papille gustative, infatti, hanno dei recettori che vengono stimolati da questa tipologia di sapori, rendendoli piacevoli al gusto.

Il consumo di amari continua a crescere e oggi vengono impiegati dai barman anche come base per creare nuovi, sorprendenti cocktail.

Conoscendo adesso le sue caratteristiche, viene quasi da pensare che l’amaro sia da sempre stato una bevanda gustosa da bere in compagnia, eppure la sua storia ci insegna il contrario.

Storia dell’amaro

La storia dell’amaro inizia da molto lontano.

Già dai tempi di Ippocrate, prima dell’anno zero, le bevande ottenute dall’infusione di erbe erano utilizzate per scopi medicali.

Le origini di questo nettare sono infatti da ricercare nell’Antica Grecia, anche se con il passare dei secoli e con gli spostamenti di merci e genti, questa pratica divenne diffusa anche nel mondo arabo.

La tecnica della distillazione, infatti, è stata inventata e utilizzata a partire dall’anno 1000 dal medico persiano Avicenna ma fece il giro del mondo.  

Anche in Italia, se ci spostiamo più avanti sulla linea temporale, possiamo ricordare un episodio che vede protagonista Papa Bonifacio VIII, che nel 1300 fu curato dai calcoli renali proprio con un infuso amaro di erbe.

Questa notizia fece il giro dell’Europa intera, così l’Italia accelerò nello studio e nella sperimentazione di queste bevande amare, sempre a scopo terapeutico.

Dobbiamo a Caterina dei Medici la diffusione dell’amaro come bevanda da bere per piacevolezza.

Nel 1500, infatti, nacque il “Liquore dei Medici” nella storica officina farmaceutica di Santa Maria Novella a Firenze, e durante il Rinascimento tutta l’Europa conobbe questa bevanda con il nome di Alchemeres.

Da qui in avanti ci fu una diffusione nel consumo degli amari che tra il 1800 e i primi del 1900 portò il nostro Paese a sperimentare e creare numerosi amari storici che fanno brindare tutt’oggi gli italiani di ogni età.

Come si beve l’amaro?

Il popolo dei bevitori di amaro si divide in due grandi famiglie: chi lo preferisce a temperatura ambiente e chi non riesce a gustarlo se non è freddo o ghiacciato.

Si può dire che tendenzialmente non esiste una regola precisa da seguire, anche se alcuni amari si prestano di più a un certo tipo di consumo.

Addirittura alcuni amari italiani hanno precise diciture sulla bottiglia e raccomandano un consumo della bevanda ghiacciata, con la bottiglia che va riposta rigorosamente in freezer.

Oltre a bere l’amaro liscio, durante un aperitivo o a chiusura del pasto come digestivo, queste bevande sono sempre più impiegate nell’arte della mixology, grazie alla quale si creano cocktail gustosi e indimenticabili.

Un altro utilizzo dell’amaro è diluirlo in acqua calda per realizzare dei punch.

Come si fa un amaro

Non c’è un’unica modalità di preparazione dell’amaro. A variare sono anche gli ingredienti vegetali e la quantità di zucchero. Infatti, ogni ricetta prevede una dose e una tipologia di erbe, spezie e radici a sé. 

Questi ingredienti botanici, aromatizzano l’alcool etilico solitamente attraverso un’infusione a freddo e per un periodo di tempo che va da poche settimane fino a due o tre mesi.

Durante il processo, alcune ricette prevedono di miscelare dell’acqua oppure dello zucchero per abbattere la gradazione alcolica e per conferire un gusto più morbido e meno amaro.

Dopo di che, alcune ricette prevedere un periodo di affinamento in botte ma tendenzialmente si procede con la fase finale in cui viene imbottigliato il prodotto finale.

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