Della Puglia si conosce il suo buon cibo, le meravigliose coste, il mare cristallino , le città ricche di storia e tradizioni , ma forse non si conosce abbastanza la meravigliosa ospitalità dei pugliesi.
In Puglia,“accoglienza” è la parola d’ordine.
Oggi a testimoniarlo ci sono le tante migliaia di turisti che ogni anno si recano nel tacco d’Italia per trascorrere le vacanze, ma andando indietro nel tempo si trovano ben altre attestazioni di vera e propria solidarietà, come avvenne nel caso dell’accoglienza verso i profughi ebrei, che alla fine della seconda guerra mondiale trovarono rifugio in questa regione.
La Puglia: una terra straniera da chiamare casa
Nonostante il prossimo 25 aprile saranno trascorsi ben 78 anni dalla liberazione , ben poche persone conoscono la fase storica che è seguita a tali eventi.
In un periodo storico confuso, dove in Europa mancava ancora la certezza delle atrocità che il regime di Hitler aveva perpetrato , la Liberazione ha segnato un punto di svolta per migliaia di ebrei, che d’un tratto si sono ritrovati a fare i conti con una rinascita cui forse non erano neanche pronti.
Proprio in Puglia tra il 1945 e il 1947 furono tantissimi gli ebrei che trovarono riparo e salvezza dopo essere sopravvissuti alla Shoah.
E della meravigliosa accoglienza pugliese, preziosa dopo gli orrori e le atrocità subite nei campi di sterminio, ci sono i racconti racchiusi nel documentario Shores of Light. Rinascere in Puglia.
L’accoglienza pugliese in Shore of Light
Guardare il documentario Shores of Light. Rinascere in Puglia è uno dei modi migliori per celebrare la Giornata della Memoria.
Nel breve filmato della regista Yael Katzir, viviamo il viaggio delle tre protagoniste Shuni, Esther e Rivka che ritornano in Italia, dove sono nate, per cercare le tracce delle proprie origini.
Nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione, infatti, i loro genitori, come tanti ebrei liberati dai campi di concentramento in attesa di ritornare in Israele, si erano stabiliti in Puglia nei campi di raccolta disseminati lungo la costa salentina, dove hanno costituito delle piccole comunità, stabilendo forti legami con la gente del posto .
L’integrazione tra le due culture avveniva infatti in maniera molto naturale, poiché gli ebrei non erano ospitati in campi profughi, così come li intendiamo oggi, ma alloggiavano in numerose e belle ville disseminate tra Tricase, Santa Maria di Leuca, Santa Maria al Bagno, Santa Cesarea e Santa Croce, che custodiscono ancora oggi alcune testimonianze di quel periodo, come scritte e murales, salvati grazie alla sensibilità degli attuali proprietari.
Qui gli ebrei partecipavano alla vita del Paese lavorando insieme con gli italiani, scambiandosi reciproco aiuto, giocando a calcio, superando anche le differenze di credo religioso, tanto che alcuni furono accolti nel coro della chiesa di S.M. di Leuca.
A Santa Maria al Bagno, in provincia di Lecce, viveva il gruppo di profughi ebrei più numeroso e proprio questo comune oggi ospita il Museo della Memoria e dell’Accoglienza.
In questo contesto ambientale e sociale famiglie smembrate, persone sole, orfani, hanno potuto ritrovare la voglia di vivere e di formare una famiglia.
Numerosi matrimoni infatti furono celebrati in quel periodo tra profughi ebrei, dai quali si stima nacquero più di 200 bambini.
In queste circostanze si inseriscono alcune testimonianze di partecipazione alla loro rinascita da parte degli abitanti del posto, come la signora Vittoria di Tricase che donò il proprio abito da sposa alle profughe ebree o come la suora dell’ ospedale di S. M. di Leuca che aiutò le donne ebree a partorire.
Nel documentario quindi vediamo le tre protagoniste, nate proprio a S. M. di Leuca, mentre si muovono nel meraviglioso scenario del sud della Puglia tra piccoli Comuni a strapiombo sul mare o nascosti tra gli ulivi della campagna, alla ricerca, non senza difficoltà, di informazioni utili a ricostruire un pezzo della loro storia .
E grazie all’interessante materiale d’archivio utilizzato nel documentario e ai racconti degli anziani abitanti del luogo scopriamo oggi che i profughi ebrei riuscirono a godere di un ambiente amichevole, toccando con mano l’umanità e la generosità dei tanti pugliesi che li aiutarono a riappropriarsi della loro dignità e a integrarsi nella comunità.
Una storia ” diversa”, forse più facile da ascoltare e da vedere, rispetto ad altre narrazioni della Shoah, che merita di essere conosciuta per aiutarci a “ricordare” nel segno della speranza e della rinascita alla vita.